Economia abruzzese: Il CRESA denuncia una tendenza negativa

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Il Cresa, procede dal 1976 ad analizzare con frequenza trimestrale l’andamento dell’economia abruzzese dandone conto ad un pubblico molto vasto attraverso la rivista trimestrale “Congiuntura Economica Abruzzese”. I risultati della rilevazione mostrano un’inversione della tendenza positiva che aveva caratterizzato negli ultimi trimestri i principali indicatori a livello congiunturale. Nel periodo luglio-settembre 2010 le variazioni rispetto al trimestre precedente sono divenute generalmente negative, evidenziando un periodo di difficoltà relativo sia alla produzione (-5,6%) che al fatturato (-6,3%). Anche l’occupazione (-1,0%) continua a mostrare quegli elementi di criticità già segnalati nei trimestri precedenti. La capacità competitiva a livello internazionale ha fatto registrare nel periodo in corso difficoltà relative alle vendite (fatturato estero: -3,4%), per le commesse. Le commesse provenienti dal mercato italiano risultano in calo rispetto al periodo aprile-giugno (ordini interni: -5,2%). Permane negativo il dato occupazionale, in diminuzione anche su base annua (-2,3%) e in peggioramento rispetto al trimestre precedente. Gli andamenti congiunturali della produzione e del fatturato  risultano più pesanti nelle grandi aziende. Le previsioni degli operatori per i prossimi sei mesi sono stazionarie riguardo a fatturato e ordinativi sia nazionali che esteri, mentre risultano negative per la produzione (-1,5%) e ancor più pessimistiche per l’occupazione (-11,2%). 

Produzione industriale

Nel terzo trimestre del 2010 la crescita della produzione industriale abruzzese è rallentata, passando dal 17,7% su base annua del periodo aprile-giugno al 10,6%. Le previsioni per il semestre ottobre 2010-marzo 2011 appaiono in leggero peggioramento rispetto a tre mesi fa. Restano numerosi fattori di incertezza: gravità della recessione, crescente disoccupazione, finanze pubbliche da risanare.

Le piccole e medie imprese

A differenza di quanto rilevato nel trimestre aprile-giugno, le piccole imprese (10-49 addetti) mostrano andamenti congiunturali generalmente negativi. Si rileva una certa diminuzione della produzione (-2,4%) e una evidente difficoltà congiunturale nei mercati esteri, sia riguardo alle vendite (fatturato estero: -8,5%), sia riguardo alle commesse (ordinativi esteri: -11,7%). Alla stabilità del fatturato complessivo si accompagna una sensibile crescita degli ordini nazionali (+4,0%). L’occupazione mostra un andamento non positivo (-0,2%). Anche le imprese di media dimensione (50-249 addetti) hanno fatto registrare variazioni generalmente negative, ad es. per produzione (-3,3%), fatturato (-3,2%) e ordini interni (-4,2%).

Le grandi imprese

Per le grandi imprese (con oltre 250 addetti) il terzo trimestre 2010 non è stato positivo per il fatto che gli indicatori congiunturali, da sensibilmente positivi, sono diventati negativi riguardo a produzione (-10,9%), fatturato (-15,3%), fatturato prodotto nei mercati internazionali (-4,8%) e ordinativi nazionali (-17,8%). Nel breve periodo hanno registrato un andamento positivo solo gli ordini provenienti dall’estero (+1,4%), mentre l’occupazione è rimasta stabile.

Occupazione

La dinamica occupazionale è risultata in difficoltà sia nel breve (-1,0%) che nel lungo periodo (-2,3%). A livello congiunturale gli andamenti sono stati migliori della media regionale per il tessile legno, metalmeccanico e soprattutto per la lavorazione di minerali non metalliferi (+3,8%). Spicca la performance particolarmente negativa dell’alimentare dal punto di vista sia congiunturale (-11,8%) che tendenziale (-13,1%). Su base annua il calo occupazionale ha coinvolto tutti i settori, ad eccezione della lavorazione dei minerali non metalliferi (+7,5%), elettromeccanica e elettronica (+1,7%), tutte le province e tutti i comparti, ad eccezione delle grandi imprese (+0,6%).

Secondo l’assessore regionale Castiglione “Il momento di difficoltà che stiamo vivendo  rappresenta la peggiore crisi dopo quella del 1929: bisogna prendere atto che la diretta conseguenza è il cambiamento del modo di vivere da parte delle famiglie e delle realtà produttive. Cambieranno anche i rapporti di confidenza sociale ed economica: ecco perché la Regione Abruzzo, cosciente di non poter intervenire con risorse proprie, sta attuando una politica di ottimizzazione delle risorse di finanziamento che provengono dalla Comunità europea per sostenere interventi strutturali che producano valore nel tempo e non siano semplici ammodernamenti”. Questa ottimizzazione consentirà di “continuare ad investire sulla competitività, sulla conoscenza e sull’innovazione, carte vincenti per un concreto sviluppo imprenditoriale ed industriale del nostro territorio. Non a caso – ha aggiunto Castiglione – la maggior parte dei nostri bandi puntano sui poli di innovazione, sulla ricerca, e sullo startup delle PMI.”

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 Camera di Commercio di Teramo                            8° Giornata dell’Economia, 7 maggio 2010

La sensazione – confermata dalle ricerche congiunturali di Cresa e Banca d’Italia – è che ad incidere pesantemente sul bilancio della ricchezza provinciale siano stati, più che il numero di cessazioni o di fallimenti, sia la qualità e il peso specifico di queste (quando si è trattato di medie imprese), sia  soprattutto, la diminuzione dell’occupazione (in particolare per le famiglie numerose o monoreddito) e della redditività aziendale.  E’ vero che le circoscrizioni Nord e il Sud hanno visto diminuzioni del Pil pro capite di oltre il 3% nel 2009 (-3,5% il Nord Ovest, -3,9% il Sud -3,6%), mentre la provincia teramana evidenzia una diminuzione comunque minore di quella del Centro Italia (-1,9%). Anche la graduatoria provinciale dei redditi dichiarati nel 2008 (pur con tutte le necessarie valutazioni, trattandosi di dati di tipo fiscale) vede Teramo come fanalino di coda tra le province abruzzesi per reddito totale e per reddito medio dichiarato (18.137 Euro, 87° posto in Italia). Nel complesso, la dinamica demografica più vivace continua ad essere appannaggio delle società di capitali che, con 468 iscrizioni e 327 cessazioni, presenta il saldo più favorevole, mettendo a segno un incremento del tasso di natalità e ma con un tasso di sviluppo ancora in diminuzione (2,2%). Società di persone e altre forme societarie, rispettivamente con tassi di sviluppo pari a 0,5% e 0,3% riescono comunque a conservare un saldo positivo. Resta negativo ma è in forte recupero il tasso di sviluppo delle ditte individuali.

Analisi per settore

Passando all’analisi dei settori merceologici  a due cifre Istat, si può concludere che pochissimi sono quelli che hanno chiuso il 2009 con un saldo positivo tra iscrizioni e cessazioni. Limitandosi ai comparti dalla consistenza più significativa, prosegue il calo del comparto agricolo (-130 il saldo), seguito dal settore edile (-70 la costruzione di edifici e -54 i lavori di costruzione specializzati), dal confezionamento di articoli di abbigliamento, pelli e pellicce (-53), commercio all’ingrosso (-36) e trasporti terrestri (-36), fabbricazione di articoli in pelle (-35), commercio al dettaglio (-31), fabbricazione di prodotti in metallo (-25), industrie alimentari (-22), ristorazione (-17) e industria del legno (-12). I tassi di sviluppo più elevati si riscontrano, in genere, in specifiche attività di servizi (informatica, editoria, intrattenimento), mentre quelli più negativi si osservano nelle attività finanziarie e di assicurazione (rispettivamente -6,7% e -8,3%). Seguono le industrie di fabbricazione di articoli in gomma-plastica (-6,3%), pelle (-6,2%), carta (-5,6%), industrie alimentari (-4,8%), legno (-4,3%) e fabbricazione di prodotti in metallo (-3,9%).

Le imprese artigiane

Nel 2009 l’artigianato provinciale ha perso 185 imprese (192 se si considerano le

sole attive), portando ad un’erosione lo stock, che si attesta a 9.681 imprese.

Il dato è il risultato di 95 minori iscrizioni e di 62 nuove cessazioni. Il tasso (negativo) di variazione delle registrate è stato quasi pari al 2%, mentre le iscrizioni sono diminuite dell’11,2% e le cessazioni sono cresciute del 7%. E’ dunque questo il maggiore ‘gap’ con la provincia: a Teramo si è assistito, nel 2009, ad un passo delle cessazioni artigiane più che doppio rispetto a quello nazionale. Nel manifatturiero si sono registrate – rispetto al 2008 – 63 iscrizioni in meno e 15 cessazioni in più, mentre nell’edilizia sono state 72 le minori nuove iscrizioni e 55 le maggiori cancellazioni (il solo comparto industriale determina dunque un saldo negativo di -205.

L’impresa extracomunitaria

Nel 2009 il numero di imprenditori extracomunitari presenti sul territorio esibisce una crescita in ulteriore, prevedibile, flessione rispetto al 2008. Nel complesso sono 4.148 gli imprenditori immigrati iscritti al Registro delle Imprese di Teramo alla fine del 2009. Nell’anno in questione l’imprenditoria immigrata ha registrato una crescita del 3,4% sull’anno precedente, più bassa rispetto al +5,4% del 2008 e, in generale, la più contenuta in assoluto negli ultimi dieci anni, se si considera il periodo in cui le imprese straniere hanno assunto una rilevanza statistica nell’aggregato delle imprese iscritte.  La crisi incide dunque anche sulle imprese costituite o partecipate da immigrati e sulla decisione di tentare la via dell’impresa.

I fallimenti

Sono 94 le imprese teramane che hanno avviato una procedura concorsuale nel corso del 2009 (in massima parte si tratta di fallimenti) un balzo del 47% in più rispetto alle 64 del 2008, un anno che a sua volta aveva segnato un forte incremento rispetto alle 49 procedure avviate nel 2007. Le procedure sono massimamente concentrate nel comparto manifatturiero e riguardano soprattutto la forma giuridica della società a responsabilità limitata, ordinaria o a socio unico (per il 60% dei casi). Una tendenza che sembra in lieve inversione nel primo scorcio del 2010, che vedono solo dieci (10) nuove procedure fallimentari avviate nel primo trimestre.

Giovani e occupazionale

Sono 220 i laureati previsti in ingresso nel 2009, un dato in diminuzione rispetto ai 290 del

2008. Per circa il 72% di essi la tipologia di assunzione prevista è però a tempo determinato. Le maggiori preferenze delle imprese vanno alle lauree a indirizzo formativo (80), seguite dalle quelle di area economica (60 unità), ingegneristica (30 unità) e dalle lauree a indirizzo sanitario e paramedico (20). Meno richieste le lauree ad indirizzo giuridico (10) e a chimico-farmaceutico (10).

Cassa integrazione

Il 2009 è l’anno dei record nella Cassa Integrazione: le ore di CIG appaiono in crescita esponenziale, dopo la diminuzione fatta registrare nel 2008. Le ore autorizzate sono passate dai 6,3 milioni del 2008 agli oltre 35 milioni del 2009. Teramo ha messo in evidenza un fortissimo aumento della CIG ordinaria (da 574 mila ore a oltre 6,3 milioni di ore), che rappresenta in assoluto la tendenza più sostenuta in Abruzzo della Cassa Integrazione. Il balzo rispetto al 2008 è stato pari al 587%, rispetto al +504% regionale. Gli incrementi sono stati sensibili praticamente in tutti i settori. Per quanto concerne le ore ordinarie, il maggior numero è stato autorizzato nella meccanica (1,4 milioni, con una crescita di oltre il 4 mila per cento) e nel tessile (1,3 milioni, più 1.900%), seguite dal comparto del legno (803 mila, +2.300 %) e della chimica (428 mila, +2.400 %). Ancora  a seguire, con incrementi a tre cifre rispetto allo stesso periodo del 2008, ci sono il settore pelli-cuoio (+970,8%), la trasformazione di minerali (+913%), gli alimentari (+888%), la metallurgica (+852%) e il settore poligrafico e della carta (+783,8%). Più contenuti gli aumenti nel settore del vestiario e dell’arredamento (+357%) e nell’edilizia (+143%). La CIG Straordinaria si è concentrata soprattutto nel tessile  (+524%) e nella metallurgica (+392%), mentre c’è stato solo un lieve aumento nell’alimentare (+30%).  

Le famiglie

Dal Rapporto sui consumi delle famiglie residenti in Abruzzo elaborato dal Cresa su un campione di 518 famiglie, nel febbraio 2010 emerge che 14% per cento delle famiglie abruzzesi dichiara di arrivare con difficoltà a fine del mese, che il 12% è in arretrato con le bollette, che il 25% non è in grado di sostenere spese impreviste,che 8% non ha avuto sodi per sostenere spese mediche, che il 17% non ha soldi per comprare nuovi vestiti. Rispetto alla media nazionale gli abruzzesi spendono di più per i beni alimentari, carne, frutta e pesce in particolare, il 54% predilige l’acquisto nei negozi di tipo tradizionale. Curiosamente il 42% delle famiglie possiede due auto, la media italiana è del 33%. Altro dato significativo. la spesa media delle famiglie abruzzesi per bar e pasticcerie è di 178 euro mensili, in Italia è di 45 euro. Gli abruzzesi spendono invece molto di meno per ristoranti e trattorie 44 euro mensili a famiglia contro i 146 euro della media nazionale.

In sintesi, questo è l’andamento dell’economia provinciale nel 2009:

• Continua a ristagnare la crescita imprenditoriale: per il quarto anno consecutivo il tasso di sviluppo non riesce a riportarsi stabilmente sopra lo zero (-0,1%).

• I principali settori merceologici mostrano tutti saldi (iscrizioni-cancellazioni) negativi: dopo l’agricoltura, sono l’edilizia, il tessile-abbigliamento-pelletteria, il commercio all’ingrosso e i trasporti.

• E’ fortemente negativo il saldo per le imprese artigiane (in diminuzione del 2% sul 2008), dovuto in particolare alle minori iscrizioni (-11,2%).

• Prosegue l’incremento a tassi decrescenti degli imprenditori extracomunitari (+3,4%). Diminuiscono le etnie “storiche” legate al manifatturiero (Cina, Albania) e crescono quelle tradizionalmente vocate alla ristorazione e al commercio (Africa, Asia);

• Nel 2009 sono in forte crescita i fallimenti, soprattutto per ditte individuali e SAS; in calo le procedure tra le società di capitali.  Default in aumento per metalmeccanica e servizi; 

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