Scoperto la vite più antica del Mediterraneo occidentale

 

 

 

 

 

 

 

 

(wn24)-Oltre l’Abruzzo – Gli archeosemi ritrovati e analizzati sono quelli della Vernaccia e della Malvasia, varietà a bacca bianca coltivate proprio nelle aree centro-occidentali della Sardegna. “Affermare che la viticoltura in Occidente sia nata nell’Isola sarebbe esagerato – spiega ancora Bacchetta –  e non sarebbe supportabile in base alle evidenze scientifiche attuali. Quello che è certo, però, è che la vite in Sardegna non è stata portata dai Fenici, che in Libano già la coltivavano ancor prima dell’età Nuragica. Più che un fenomeno di importazione, dunque, noi pensiamo che in Sardegna si sia verificata quella che noi chiamiamo ‘domesticazione’ in loco di specie di vite selvatiche, che ancora oggi sono diffuse ampiamente in tutta la Sardegna. Va tenuto conto, però, che i Nuragici erano un popolo molto attivo negli scambi commerciali e hanno avuto contatti anche con altre civiltà, come quella cretese o di Cipro, che conoscevano la vite”. 

La scoperta è il frutto di oltre 10 anni di lavoro condotto sulla caratterizzazione dei vitigni autoctoni della Sardegna e sui semi archeologici provenienti dagli scavi diretti dagli archeologi della Soprintendenza e dall’Università di Cagliari. I risultati sono giunti anche grazie all’innovativa tecnica di analisi d’immagine computerizzata messa a punto dai  ricercatori del Ccb in collaborazione con la Stazione Consorziale  Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia. L’analisi sfrutta particolari funzioni matematiche che analizzano le forme e le dimensioni dei vinaccioli (semi di vite), mettendo a confronto i dati morfometrici dei semi archeologici con le attuali cultivar e le popolazioni selvatiche della Sardegna. Ciò ha permesso di scoprire che questi antichissimi semi erano appartenuti alle varietà coltivate mostrando, come visto, una relazione parentale anche con quelle silvestri che crescono spontanee sull’Isola. 

“Adesso abbiamo la prova scientifica che i Nuragici conoscessero la vite domestica e la coltivassero – spiega Andreino Addis, presidente di Assoenologi Sardegna. Una buona occasione per rilanciare in grande stile la viticoltura sarda, che pesa ancora troppo poco sul piano nazionale”.

Questi semi di vite provenienti dal passato sono dunque un patrimonio prezioso per valorizzare le produzioni vitivinicole doc e dei vitigni in via di sparizione. Che poi è lo scopo per cui L’Università di Cagliari è scesa dalla cattedra e si è calata nel territorio: “Da anni diciamo che la ricerca scientifica può aiutare molto le produzioni locali  – conclude Bacchetta – e avere importanti ricadute economiche. Caratterizzare un prodotto, conoscerne le origini costituiscono elementi essenziali per riuscire a dare un valore aggiunto. Di fatto stiamo operando di comune accordo con numerose cantine sociali che credono nel nostro lavoro. E cerchiamo di dare il nostro contributo concreto allo sviluppo economico della Sardegna”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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