Il dipendente non firma la lettera di licenziamento: il datore di lavoro lo prende a calci nel  sedere

Il dipendente non firma la lettera di licenziamento: il datore di lavoro lo prende a calci nel sedere

(wn24)-Ascoli Piceno – Per comunicargli le sue decisioni, il datore di lavoro lo aveva convocato nel suo ufficio. Probabilmente il titolare non aveva fatto i conti con la refrattarietà del dipendente per firmare i documenti di licenziamento. Così al rifiuto di firmare i documenti , perché contratto in scadenza, il commerciante comunicava la sua decisione di non rinnovare. Così il dipendente si è visto presentare una lettera da firmare in cui si chiedevano le sue dimissioni volontarie.
 
Il giovane è trasecolato: non si aspettava di certo che gli venisse avanzata una proposta del genere. Ha cercato di farsi spiegare il motivo per il quale il proprietario dell’esercizio commerciale avesse preso una decisione tanto drastica ma non ha ricevuto una risposta convincente. Anzi, è stato minacciato pesantemente a parole qualora non si fosse convinto a dove apporre la sua firma. Fra i due si è accesa una violenta discussione. Il datore di lavoro con forza la ha afferrato per il collo per poi sferrargli due calci al corpo che lo hanno fatto rotolare a terra.
 
Il giovane, di fronte alla brutale aggressione si è dato alla fuga e, siccome sanguinava dall’orecchio destro, si è recato al pronto soccorso del più vicino ospedale dove i sanitari gli hanno riscontrato un trauma all’organo giudicato guaribile in 20 giorni. Nei confronti dell’aggressore la Procura di Ascoli ha emesso un decreto di citazione a giudizio accusandolo di tre reati. Per quanto riguarda la lesione all’orecchio destro si è giunti alla decisione, dietro riconoscimento di un adeguato indennizzo alla persona offesa, di ritirare la denuncia. Per gli atti diretti a costringere M. D. P. a firmare la lettera di dimissioni volontarie, invece, al termine del processo di primo grado svoltosi ieri mattina, il giudice Barbara Bondi Ciutti, al termine dell’arringa del pubblico ministero Gennaro Cozzolino, che ha chiesto per l’imputato una condanna a due mes
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