Vittima di violenza e maltrattamenti: un racconto live della scrittrice abruzzese Andreina Moretti ed Hebe Munoz(Il Guscio)

Vittima di violenza e maltrattamenti: un racconto live della scrittrice abruzzese Andreina Moretti ed Hebe Munoz(Il Guscio)

(wn24)-Redazione – Mi chiamo Hebe Munoz, sono italo-venezuelana, ex vittima di violenza, oggi felicemente sposata in Italia.

Voglio rendere nota una storia che merita di essere raccontata per dare speranza a tante donne che vivono situazioni dolorose, di maltrattamenti e di pericolo.

“Vi sono persone che in situazioni estreme riescono a compiere azioni disperatamente straordinarie, da apparire assolutamente impossibili, eppure è proprio una di queste storie incredibili quella accaduta a me e Andreina Moretti, presidente dell’associazione “Il Guscio”: Salvare la vita di una ragazza sconosciuta, che non parlava una sola parola di italiano e che viveva lontano da entrambe ( noi due non abitiamo nella stessa città, ci sono centinaia di chilometri a dividerci).

Mia figlia che vive in Brasile, viene contattata da un amico argentino ch chiede aiuto per una ragazza in pericolo C. G., che si trova in Italia ma non parla la lingua e sta subendo violenze e maltrattamenti.

Mia figlia mi supplica di contattare qualche associazione che possa aiutarmi a trarre in salvo questa giovane e mi sprona a non perdere tempo perché la situazione sta degenerando.

Ho il suo numero e la contatto via whatsapp, mi risponde una voce spaventata, il suo aguzzino l’ha sequestrata, la tiene segregata e le ha sottratto documenti e denaro.

L’uomo è un amico di famiglia che si è offerto generosamente di ospitarla e si è reso disponibile a trovarle un lavoro in Italia. Il suo casolare è isolato nell’alto Piemonte e ben presto l’accoglienza si trasforma in un incubo.

C. G. mi invia le sue foto in cui si denotano le percosse, i lividi, tumefazioni ed escoriazioni sul volto e sul corpo. Mi ripropongo di chiamarla telefonicamente quando l’uomo uscirà per commissioni, nel frattempo mi consulto con Andreina Moretti che prontamente mi impartisce dei saggi consigli. Iniziamo subito a progettare un piano di fuga.

Con l’aiuto di mio marito, analizziamo il territorio tramite google maps, verifichiamo che il commissariato di polizia e le forze dell’ordine sono lontani dal casolare, in più la giovane è terrorizzata dal chiedere il loro intervento, teme per la sua incolumità, in quanto l’uomo che la ospita, non appare lucido e sensato, potrebbe spaventarsi e commettere atti insani.

Nel circondario non vi sono casamenti, l’unica via di fuga sarebbe un mezzo di trasporto ma non ci sono pulman o treni nelle vicinanze. Pensiamo a un taxi che se si trova a molti chilometri di distanza.

Riesco a raggiungere telefonicamente la ragazza sotto shock, la tranquillizzo e la invito a frugare nei cassetti per trovare i suoi documenti e ciò che resta del suo denaro, di mettere i suoi vestiti in valigia e di tenersi pronta per l’arrivo del taxi.

E’ stata un’impresa ardua trovare un tassista disposto a giungere fino a li, non è stato semplice spiegare il luogo esatto disperso nel nulla tra le montagne.

Il tassista consapevole della situazione era in stretto contatto telefonico con noi e si rese indispensabile quando in lontananza spuntò l’auto dell’uomo che faceva ritorno.

Dopo un attimo di panico ci fu una fuga concitata verso la libertà. Lei era salva!

Abbiamo prenotato una camera e un pasto caldo in un albergo di Torino, nelle vicinanze della stazione per dare alla ragazza di ripartire il mattino senza problemi. Il giorno seguente salì sul treno con tanta paura e le poche cose rimaste e abbandonò quel luogo di terrore.

Oggi lavora, è felice e abita in Spagna. Abbiamo continuato a tenerci in contatto e l’abbiamo sentita per gli Auguri di Natale.

Grazie di cuore ad Andreina che è stata la mia colonna, il supporto, l’ancora. Questa storia ci insegna che il bene va oltre la distanza e che le brutte storie possono avere un lieto fine. Da parte nostra abbiamo impegnato il nostro tempo nel migliore dei modi possibile.

Ricordiamoci tutti che una telefonata può salvare una vita e che nessuno si salva da solo, dobbiamo formare una rete solidale di aiuto”.

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