Untore Hiv: ora si scava nella vita dell’autotrasportatore. Tablet e cellulari all’esame degli esperti

Untore Hiv: ora si scava nella vita dell’autotrasportatore. Tablet e cellulari all’esame degli esperti

(wn24)-Ancona – Dopo la scoperta dell’untore di Hiv, ora gli inquirenti cercano di scavare nella vita del 36enne autotrasportatore e le attenzioni sobo rivolte agli strumenti elettronici in dotazione, come tablet e cellulari. Annunci online per cercare sesso occasionale per poter sopperire a desideri erotici compulsivi, gli sms scambiati con la sua ultima fiamma per convincerla che l’Hiv non esiste.

 E ancora, i nickname utilizzati nei portali di siti di incontri, le community da lui scandagliate. È dai social, o dal web più genericamente, che la procura cercherà di estrapolare i dettagli di un quadro probatorio tale da portare il 35enne Claudio Pinti, il possibile untore di oltre 200 persone, sul banco degli imputati. 

Perché è anche grazie ai dispositivi informatici che emerge la personalità dell’ex autotrasportatore arrestato martedì con l’accusa di lesione dolose gravissime. Un reato per cui è prevista una pena massima di 12 anni. Durante il blitz nell’appartamento dei genitori del 35enne, gli agenti della Squadra Mobile hanno sequestrato pc e cellulare. Dispositivi su cui il procuratore capo facente funzione Irene Bilotta e il pm Marco Pucilli richiederanno un’analisi dettagliata da parte di un consulente informatico. La scelta è ricaduta sull’analista forense Luca Russo, già perito del caso Pamela, a cui verrà affidato l’incarico martedì. Già, le prime intercettazioni avvenute sullo smartphone di Pinti e l’accertamento delle chat whatsapp intraprese con quella che è ormai la sua ex compagna, nonché la donna che ha fatto partire l’operazione Contracted, danno un’idea precisa di un uomo rinchiuso dietro le sbarre per il pericolo che possa infettare dolosamente altre persone, non rendendole coscienti della sua malattia: da una parte negazionista dell’esistenza del virus dell’Hiv, dall’altra convinto che la medicina ufficiale non possa essere utile, tanto che alla sua ex fidanzata aveva intimato, con varie pressioni, di non iniziare alcuna terapia stabilita dall’ospedale per contrastare quella malattia che proprio lui, ne sono convinti gli investigatori, le ha trasmesso. 

Pinti si trova da ormai quattro giorni in una cella di Montacuto. Durante il faccia a faccia con gip avvenuto 24 ore dopo l’arresto, ha fatto scena muta. Per lui, il difensore Maria Alessandra Tatò ha chiesto la scarcerazione e la misura cautelare degli arresti domiciliari. Per decidere in merito, sarà fondamentale un particolare: l’esito delle analisi del sangue a cui si è sottoposto il 35enne una volta entrato in carcere. Se i valori dovessero dare riscontri per cui l’uomo necessita cure specifiche incompatibili con il regime carcerario, Pinti potrà uscire da Montacuto. Fino a ieri pomeriggio, il giudice non aveva ancora sciolto la riserva.

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