EROI PER UN GIORNO. Enrico Marini, coordinatore Covid ad Atri, Ospedale di frontiera. “Oramai benedico pure le salme”

EROI PER UN GIORNO. Enrico Marini, coordinatore Covid ad Atri, Ospedale di frontiera. “Oramai benedico pure le salme”

(wn24)-Atri(TE) – L’Ospedale di Atri(TE) è una delle “trincee”, forse oramai la più importante, della Provincia di Teramo,  dove si combatte la bestia, ovvero il Coronavirus. Nella città dei Duchi di Acquaviva, l’ Ospedale era in fase di ridimensionamento, ma desso è diventato centro Covid, insieme all’ex sanatorio di Teramo e attualmente ospita 43 pazienti positivi.
In questa “valle di lacrime” c’è un uomo, un professionista, un chirurgo, un medico, un uomo dalle grandi risorse che ha speso poco per diventare “Eroe per un giorno”. Lui si chiama Enrico Marini, ed è il Dottore che coordina l’ospedale per l’emergenza Covid  e lo fa insieme a  sette internisti a cui si sono aggiunti tre giovani medici assunti a tempo oltre ovviamente al personale non medico. “Abbiamo organizzato il ricovero dei pazienti secondo l’intensità delle cure di cui hanno bisogno», spiega, “a parte quelli intubati che stanno in Rianimazione, abbiamo diviso i più gravi in Cardiologa e Medicina e i meno gravi nell’ex Ortopedia, nel padiglione nuovo. Sono  i più prossimi alla dimissione, per poi essere affidati al Sisesp».
Al San Liberatore arrivano malati di coronavirus non solo dal Teramano ma anche dal comprensorio Pescara-Penne. Marini ha dunque il polso della situazione dell’evolversi dell’epidemia. “Ho l’impressione che stiamo raggiungendo il picco: siamo arrivati a cinque-sei ricoveri al giorno». Ovviamente restano a casa coloro che non hanno sviluppato un’insufficienza respiratoria. Per loro «il paragone con l’influenza è grossolano ma rende l’idea. Ma noi ricoveriamo quelli che sviluppano la polmonite interstiziale bilaterale massiva, complicata da Ards (sindrome da distress respiratorio)”.
A parte la carenza di ventilatori polmonari comune a tutta Italia «che abbiamo riservato ai pazienti a cui non basta la ventilazione non invasiva», l’ospedale ha ricevuto tutto quello di cui c’era bisogno. “L’azienda ha autorizzato qualsiasi fornitura di elettromedicali senza battere ciglio: ecografi portatili, emogasanalizzatori, apparecchi per telemetria, elettrocardiografi», precisa Marini, “i dispositivi di protezione individuale ci vengono dati, ma cerchiamo di farne un uso corretto, di non sprecarli. Sono in misura sufficiente a quelle che sono le turnazioni del personale. In parte le forniture sono arrivate da associazioni private che ringraziamo. Un benefattore ci ha donato 5 respiratori per terapia intensiva, che ora sono stati ordinati, da valore superiore ai 100mila euro Certo, il rischio di contagio c’è sempre e ci sono anche le distrazioni: il personale, che va ringraziato di cuore, fa anche turni di 12 ore. Si consideri che quando stai bardato dalla testa ai piedi, il lavoro che fai di solito in 5 minuti diventa di mezz’ora». Finora al San Liberatore sono cinque gli operatori contagiati: due del 118, il resto infermieri.
Accanto all’aspetto organizzativo il medico vive una dimensione più “umana” nella battaglia giornaliera al coronavirus. L’aspetto più toccante riguarda il trapasso di pazienti che muoiono di “fame d’aria”, di insufficienza respiratoria. «Per fortuna gli intubati muoiono in coma, ma sicuramente muoiono soli. E’ una cosa toccante dal punto di vista umano: è la morte peggiore, senza i tuoi cari. E’ qualcosa a cui noi come società non siamo abituati», osserva Marini, «i parenti non possono dare nemmeno l’ultimo saluto a chi muore. Vedi il tuo caro uscire da casa e poi non lo vedi più». Il cappellano dell’ospedale è in isolamento. E Marini si trova anche a ricoprire, ovviamente in parte, questo ruolo. «Devo dare la benedizione delle salme: il cappellano dell’Assunta di Silvi mi ha fornito anche l’aspersorio con l’acqua benedetta», racconta. Un carico di emozioni anche per un medico di lunga esperienza come lui: «Non c’è tempo per farsi toccare qui sul lavoro, bisogna coordinare tutto, ma quando torni a casa crolli e la mattina dopo si riparte. Penso che prima di tornare alla normalità ci vorrà tanto tempo, non solo per chi ha avuto un lutto, ma per tutti”.
*********in collaborazione con Alessio Costantini

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