Storie. Eligio Prosperi, la memoria di un teramano che per amore fu minatore in Belgio. Nota e poesia della Prof. Franca

Storie. Eligio Prosperi, la memoria di un teramano che per amore fu minatore in Belgio. Nota e poesia della Prof. Franca

(wn24)-Redazione –  Eligio Prosperi era di Fontanelle di Atri, ma nacque nella storica Atri l’11 aprile del 1926. Era il primo di tanti figli maschi e femmine. Appena finita la guerra fece il militare da alpino nel nord Italia e appena finita la leva partì per il Belgio, esattamente nel 1946 e in seguito conobbe  Maria Niero, nata a Morro d’Oro il 7 luglio 1927.

La scelta di partire per il Belgio fu dettata dai bisogni della famiglia, in quanto il padre Giuseppe era stato ferito gravemente in Libia e non poteva accudire più di tanto i suoi molti bambini, oltre che occuparsi delle tante terre che aveva a Fontanelle di Atri(TE), in quanto eredità di famiglia. I figli erano piccoli e la moglie Elisa molto indaffarata con la casa. Inoltre, non trovava quasi nessuno per farsi aiutare, perché in tanti erano morti in guerra, non c’erano molte attrezzature, tutto doveva essere perlopiù eseguito a mano con la sola forza delle braccia, ma di chi era in buona salute. Ma partì con tanto smarrimento nel cuore, accompagnato solo dalla solita valigia di cartone, in una terra straniera senza sapere la lingua. Unica consolazione e legame con la sua amata terrà l’Abruzzo, era la corrispondenza epistolare che inviava dal Belgio e quella che arrivava dall’Italia segnata dalle cicatrici della guerra. Quando leggeva le lettere sembravano intrise dalle lacrime di sua madre, molto legata al suo primo figlio tanto coraggioso e generoso, in quanto inviava alla sua famiglia in Italia tutti i suoi risparmi.I primi anni da immigrato per Eligio Prosperi fu dura, in quanto andò a vivere con altri italiani in una baracca. Si spartivano i turni per le varie commissioni e andavano d’accordo, perché in questi casi scattò un grande spirito di solidarietà con desideri e sogni comuni da realizzare in Italia al loro rientro nella amata  patria.  In quelle baracche semplici fredde d’acciaio e legno cera tutto il calore alimentato dalla nostalgia: i ricordi di foto in bianco in nero che donavano sorrisi colorati alla loro visione, avevano un filo conduttore che li tenevano uniti anche nei momenti bui o nei momenti brevi conviviali come l’accenno di una canzone italiana con i compagni d’avventura.Eligio Prosperi tornava in Italia mediamente ogni due anni con valige cariche: giocattoli, cioccolata, caffè, cacao, dolci, abbigliamento, penne, colori, quaderni, suppellettili e altre cose per la casa. Tutti i fratelli e i genitori gli correvano incontro appena lo avvistavano su per la collina dominante a Fontanelle(TE), dove era collocata la casa di famiglia.Aveva venticinque anni quando in uno di questi ritorni in Italia si fidanzò con la sua amata Maria Nerio che gli inviava una volta alla settimana notizie e missive su di lei, mantenendo entrambi acceso la fiamma del loro amore che incoronarono il 12 settembre 1954 con le nozze.  Eligio Prosperi  aveva conseguito il “Diploma De Capacite” a l“Ecole Industrielle & Commerciale Moyenne” il 20 giugno del 1954 con il giudizio di: “Grande Distinzione”, presso la “Ville De Charleroi”.
 Aveva frequentato la scuola tutte le sere per due anni dopo la spossante giornata di lavoro, in cui scendeva sotto terra fino a 1.000 metri. Il diploma gli è servito per migliorare la qualità di lavoro, mangiando meno polvere. Gli ha permesso di affiancare un ingegnere nel preparare nuove gallerie con la dinamite, anche se ha dovuto lavorare solo nei turni di notte. Unica consolazione: vedere tanti fossili, anche enormi.

Così, dopo il matrimonio la neo sposa si avventurò in Belgio per andare a vivere in una magnifica casetta con giardino a Chatlineau . Il primo fiore del loro amore Franca Prosperi, nacque il 21 marzo 1957 nell’ospedale di Charleroi e la seconda genita, Gabriella, il 17 luglio 1961. Alla famiglia Prosperi  venne assegnata una bellissima casetta, tappezzata con carta da parati, e arricchita da un giardinetto pieno di fiori e alberi quali: ortensie blu, lillà bianchi e viola, pansé di tutti i colori, narcisi bianchi e gialli, tulipani dalle varie sfumature, etc.

Vivevano circondati da abruzzesi, belgi, veneti, friulani, liguri, etc. La loro convivenza era molto bella, anche perché a scuola avevamo una cultura cosmopolita di grande rispetto. C’era già il “tempo prolungato” per apprendere canti e danze di ogni paese.  Eligio Prosperi fece ancora del bene ai suoi fratelli, riuscì a farsi raggiungere da alcuni di loro, preparando la documentazione, la domanda, cercando perfino la casa adatta, aiutandoli infine a inserirsi (cosa non facile neanche per lui a suo tempo). Grazie alla disponibilità di sua figlia, la poetessa e Prof. rosetana, Franca Prosperi, racconta per noi di https://www.wallnews24.it gli episodi traumatici che ha vissuto suo padre in Belgio. Essi hanno una importanza storica come esempio per le sofferenze che hanno vissuto i nostri connazionali minatori immigrati, solo per aiutare le famiglie. Questi eroi silenziosi senza medaglie che fanno parte della nostra ricostruzione, un esempio tangibile, valido anche per i nostri giorni, di sacrifici di generazioni passate coinvolte nella ricostruzione, dopo il secondo conflitto mondiale.

 

EPISODI TRAUMATICI  di Franca Prosperi

1.      Un episodio che fece rischiare la vita a mio padre, fu dovuto a un grande crollo in profondità, in cui rimase sepolto con una trave che lo schiacciava, caduta di traverso sul collo. L’avevano già dato per spacciato, quando in ospedale ci furono pallidi segni di speranza, ma rimase a lungo in coma. Io, piccola bambina di tre-quattro anni, lo vidi intubato a letto come privo di vita. Hanno raccontato che piansi tanto. Qualcuno aveva pensato di farmelo vedere perché probabilmente sarebbe morto. La mia mamma era disperata, mi ha raccontato l’episodio mille volte. Non riusciva a trattenere il suo dolore neanche davanti a me, al tempo non era nata ancora mia sorella. Io non saprei, ma rammento il suo continuo pianto con me in braccio davanti alla statuetta di S. Gabriele piena di luci che teneva in camera, chiedendo al Santo un miracolo. Quando papà cominciò a riprendersi, lei promise a S. Gabriele che una volta tornati in Abruzzo saremmo andati ogni anno a trovarlo presso il Santuario. E così è stato. Ora che i miei cari genitori non ci sono più, anch’io continuo a visitare il dolce Santo.

2.      Un altro episodio che ha turbato la mia vita, riguarda una visita presso la cappella della miniera per assistere alla S. Messa dedicata a S. Barbara, patrona dei minatori, artificieri, etc. Ogni anno, il 4 dicembre, i familiari dei minatori, li affiancano per pregare prima che scendano con l’ascensore nelle buie pericolose profondità. Io, piccolissima, avevo circa due anni e mezzo, lo vidi sparire in un attimo giù con l’ascensore. Strillai tantissimo dicendo: “Papà est tombé dans la croute” (“Papà è caduto nel buco”). Niente e nessuno poté consolarmi, piansi e mi lamentai tutta la notte in braccio a mia mamma, impotente e disperata anche lei da continui tormenti e pericoli. Anche perché quando mio papà faceva i turni di notte tutto appariva più crudele e infernale. Poi, all’improvviso, mi ha sempre raccontato mia mamma, eccolo apparire dalla porta della camera, e io reagii come una molla impazzita. Fu una grande festa, meravigliosa festa! Credo che questi ricordi dolorosi mi abbiano legata ai miei per tutta la vita in modo saldo. Tant’è che anche la statuina di S. Barbara riportata dal Belgio, è ancora lì, nella camera dei miei cari.

3.      Non ero ancora nata, era l’8 agosto 1956, quando accadde una delle più grandi tragedie avvenute al mondo nei luoghi di lavoro: il disastro di Marcinelle nel comune di Charleroi, avvenuto presso la miniera di carbone “Bois du Cazier” in Belgio, a causa di un incendio dovuto alla combustione d’olio ad alta pressione innescata da una scintilla elettrica. I morti furono 262 di dodici diverse nazionalità, soprattutto italiane; i sopravvissuti solo 13. Solo dopo la tremenda tragedia di Marcinelle, venne finalmente introdotta nelle miniere del Belgio la maschera antigas e l’Italia interruppe a volte l’enorme esodo di manovalanza degli italiani verso il Belgio, perché le condizioni erano ancora deplorevoli.

Mio padre e mia madre subirono un grave choc. La miniera di Marcinelle era attigua a quella dove lavorava papà e lui perse tantissimi amici. Niente lo poteva consolare! Passò giornate dietro i cancelli della miniera fumante a consolare familiari e a cercare di rendersi utile. Da anni faceva parte della squadra dei soccorsi, ma non lo fecero scendere perché si era operato allo stomaco. Tra le tante foto che aveva scattato in Belgio ho ancora custodite gelosamente quelle della miniera di Marcinelle.4.      Un particolare che mi ha sempre intenerita riguarda l’amore di mio padre per un asinello, che come altri asinelli viveva in fondo alla miniera per aiutare i minatori a spostare i carrelli pieni di carbone. E’ un’altra crudeltà di cui non si parla mai! Papà gli portava sempre altro cibo più ghiotto rispetto a quello di routine. Ma un giorno il carrello deragliò uccidendo il dolce asinello e mio padre si portò per sempre questo dolore nel cuore, parlando di lui come fosse stato un angelo. Io sono rimasta molto influenzata da questo racconto, forse per questo ho soccorso tanti animali bisognosi e amo i miei appassionatamente.

LA MINIERA DEL BELGIO  Poesia di Franca Prosperi 

 Te l’avevo detto che ti voglio bene?E adesso lo voglio ripetere ogni momento!Perché mi ricordo quando mi abbracciavie mi tenevi stretta con il freddo. La neve del Belgio era di ghiaccioe la miniera scura una minaccia;non ho scordato mai che ti aspettavoquando stanco tornavi nero nero. Ogni mattina un sospiro amarose tardi ti riaffacciavi dalla porta,il turno della notte era più lungoe solo il (tuo) sorriso era un po’ bianco. Una festa a colazione con mammae noi bambine ancora piccoline!E belle ora mi sembrano quelle giornateperché ci volevamo molto bene. E quel giardino con le ortensie blùsembrava l’acqua del mare nostro:e per Natale sotto l’alberelloci scambiavamo sempre un regalo.  Ho ancora quel tuo presepee le palline appese insieme a mamma;sembrava quasi che il bambinelloci desse la speranza di tornare. Nevicava ancora forte a primavera,ma bella mi sembrava la tormentaperché di fiocchi ricopriva la terradietro a quella finestra per sognare.  

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