‘Ndrangheta: confisca di beni e arresti anche in Abruzzo tra cui un ex calciatore
wn24)-Redazione – E’ considerata una maxi-operazione quella portata avanti dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria e che ha visto coinvolti anche persone e cose in Abruzzo. Imprese e immobili sequestrati, 12 persone tra carcere e domiciliari, un giro di affari di 32 milioni di euro: accordi tra imprenditori edili e della distribuzione alimentare e la ‘ndrangheta. Indagati e sequestri anche nel Pescarese
Tra gli indagati nell’operazione “Planning” anche l’ex calciatore della Reggina Francesco Cozza, di 48 anni. La Dda di Reggio Calabria ipotizza a suo carico il reato di associazione per delinquere, aggravata dal favoreggiamento alla criminalità organizzata. Secondo il Procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri e i sostituti della Dda Stefano Musolino e Walter Ignazitto, Cozza sarebbe stato uno degli elementi a disposizione dei clan. Attraverso la società “Business Group” sarebbe coinvolto, in particolare, negli illeciti che avrebbero riguardato la realizzazione di alcuni centri commerciali in Abruzzo.
Sono finiti in carcere: Dominique Surace, 54 anni; Francesco Armeni di 68 anni; Andrea Chilà di 57 anni; Domenico Gallo di 66 anni; Giampiero Gangemi di 53 anni; Sergio Gangemi di 48 anni, Fortunato Martino detto “Nato” di 59 anni e Antonino Mordà di 53 anni. Agli arresti domiciliari Gaetano Coppola di 83 anni, Roberto Di Giambattista di 65 anni, Vincenzo Lo Giudice detto “Enzo” di 60 anni e Giuseppe Antonio Milasi detto “Pino” di 53 anni. Indagati a piede libero Luigi Bagnato, 68 anni; Filippo Antonio Barcaiolo, 40 anni; Marcello Brunozzi, 71 anni; Francesco Cozza detto “Ciccio”, 48 anni; Carmelo Maria Romeo, 44 anni; Domenico Siclari, 63 anni; Tiziana Spina, 41 anni; Gianluca Taverniti, 44 anni.
Gli uomini della Direzione Investigativa Antimafia e militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, sotto il coordinamento della locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, diretta da Giovanni Bombardieri, stanno dando corso a un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali emessa dall’Ufficio G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di 12 persone (8 in carcere e 4 agli arresti domiciliari) gravemente indiziate, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno, associazione per delinquere, impiego di denaro di provenienza illecita, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, tutti comunque aggravati dalle modalità mafiose.
Contestualmente – in Lombardia, Abruzzo, Lazio e Calabria – D.I.A e Finanzieri stanno dando esecuzione al sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, disposto dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria – D.D.A. di 28 imprese, di cui 1 con sede legale in Slovenia ed 1 con sede legale in Romania, 27 unità immobiliari, quote societarie e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 32 milioni di Euro. L’operazione costituisce l’esito di un’articolata indagine condotta dalla D.I.A. e dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Reggio Calabria che ha consentito di disvelare – fatte salve le successive valutazioni di merito – co-interessenze economiche sussistenti tra alcuni imprenditori e cosche di ‘ndrangheta della città di Reggio Calabria.
In particolare, secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini, sarebbero stati acquisiti elementi integranti l’esistenza di un’associazione a delinquere nel cui ambito imprenditori attivi nel settore edile e della grande distribuzione alimentare – taluni dei quali già coinvolti in indagini penali o destinatari di misure di prevenzione – avrebbero stretto una pluralità di accordi con famiglie di ndrangheta, agevolando l’infiltrazione della consorteria in quei settori attraverso la compartecipazione occulta di loro esponenti alle iniziative economiche, gestite ed organizzate per il tramite di imprese fittiziamente intestate a terzi, ovvero mediante l’affidamento di numerosi servizi e forniture a imprenditori espressione dell’associazione criminale.
Parte dei profitti così accumulati sarebbe stata successivamente trasferita in maniera occulta, attraverso fittizie operazioni commerciali e fittizi rapporti giuridici, al fine di dirottare la liquidità verso i titolari effettivi delle operazioni economiche, incluse le cosche di ndrangheta, e di ostacolare le indagini, eludendo l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali e consentendo l’impiego e l’autoriciclaggio dei proventi illeciti. Parallelamente, le cosche avrebbero agevolato l’espansione delle iniziative imprenditoriali sul territorio, a discapito dei concorrenti, tutelandone gli interessi anche con l’esercizio della forza intimidatoria.
Le indagini, durate 2 anni, hanno avuto ad oggetto illeciti commessi dal 2011 al 2021 e sono state integrate e riscontrate da plurime e convergenti dichiarazioni di collaboratori di giustizia, formatesi autonomamente e in tempi diversi.
Peraltro, le investigazioni – allo stato del procedimento e impregiudicata ogni diversa successiva valutazione nel merito – avrebbero consentito di svelare ulteriori ipotesi di impiego di denaro o beni o utilità di provenienza illecita e autoriciclaggio che coinvolgono la provincia di Pescara, ove taluni indagati avrebbero sostenuto, con proventi derivanti dall’attività criminale, un investimento finalizzato all’avviamento e alla gestione di due supermercati. Nello specifico, gli imprenditori reggini coinvolti nell’iniziativa economica sviluppata in tale area sarebbero accumunati dai rapporti di solidarietà criminale con la cosca De Stefano, sebbene questo non sarebbe l’unico tratto collusivo con la ‘ndrangheta reggina, atteso come la gran parte di loro vanterebbe anche ulteriori rapporti di solidarietà criminale con altre cosche.